Una delle questioni di attualità molto "calde" è quella della cosiddetta "ideologia gender". Ne hanno parlato i giornali, se ne parla sui social network. Il papa ha parlato più volte di queste teorie e le ha condannate. Purtroppo si è già cominciato a sperimentare l'insegnamento di queste idee nelle scuole italiane e molti genitori ed educatori sono preoccupati. Eppure nei commenti e nei siti internet si trovano ancora persone che negano tutto (!!) sostenendo che queste teorie sul gender non esistono e che sono una invenzione.....
Credo sia molto importante informarsi. Per cominciare ad orientarsi nella questione ecco alcune risposte semplici e chiare.
[tratte dall'inserto di Avvenire: NOI famiglia&vita - aprile 2016].
[tratte dall'inserto di Avvenire: NOI famiglia&vita - aprile 2016].
1. Esiste una “teoria del gender”?
No, non
esiste un’unica teoria. Esistono molti studi – i cosiddetti gender studies – che, a partire
dagli anni Cinquanta, negli Stati Uniti, creano una prospettiva culturale destinata poi ad
influire pesantemente sulle
scelte politiche, giuridiche, educative,
amministrative.
2. Chi sono i pensatori che hanno dato vita a questo insieme di teorie?
L’elenco sarebbe lunghissimo. Il termine “gender” nella letteratura medica è stato introdotto nel 1955 da John Money, Joan Hampson e John Hampson.
Altri testi fondamentali per capire l’arcipelago gender sono stati scritti da Anne Fausto-Sterling, Judith Butler, Kate Bornstein.
3. È vero che nessuno di questi autori pretende di negare la differenza
tra maschile e femminile?
No, è falso. Basta solo un esempio: scrive Judith Butler: “il
genere è una costruzione del tutto
indipendente dal sesso… di conseguenza uomo e maschile potrebbero
riferirsi sia a un corpo femminile, che a uno maschile; donna e femminile sia
a un corpo maschile, che a uno femminile” (“Questioni di genere”, pag. 12)
4. Ma in realtà quanti sono i generi?
Quelli
stabiliti dalla natura [ndr: dal
punto di vista anatomico e biologico]: due,
e basta, maschile e femminile. E questo è un dato di realtà inoppugnabile.
5. Perché allora i “gender studies” parlano di “cinque sessi”?
Inizialmente si parlava di etero,
gay, lesbo, bisessuale e transessuale. È stata poi Kate Bornstein, nel 1994, a
introdurre il concetto di fluidità di genere (“la capacità di diventare in modo cosciente e libero
uno degli infiniti numeri di genere… la fluidità di genere non conosce limiti o
regole di genere” [ndr: dal libro “Gender
Outlaw” * ).
6. Qualcuno ha tentato di calcolare il numero di questi presunti “generi”?
Certo. Google Usa prevedeva fino a pochi mesi
fa una scelta tra sette “tipologie”
declinabili ciascuna in 70 “sotto-specie”.
Quindi
490 orientamenti. Ma ora si è andati ancora oltre. Surreale
e un po’ ridicolo, se non fosse tragico.
7. Cosa c’è di vero quando si parla di invasione delle teorie gender nella scuola italiana?
Purtroppo non
è una fantasia. Aurelio Pace e Carlo Di Pietro, autori del libro Gender. Ascesa e dittatura della teoria che “non
esiste” hanno contato 55 episodi, tra il
2013 e il 2015,
soprattutto legati a progetti di propaganda Lgbt nelle scuole. Anche noi, nel nostro ebook “Gender, la grande bugia”, ne abbiamo raccontati moltissimi.
8. C’è chi dice che si tratta di un allarmismo ingiustificato, perché nei
progetti e nei volumi definiti pro-gender non ci sarebbe nulla di sconvolgente?
Falso. I libri dedicati ai bambini impregnati di cultura Lgbt
sono ormai centinaia. E nelle scuole girano ancora i volumetti dell’Istituto
Beck commissionati dall’Unar. Nel libretto per
le scuole medie (11-14 anni) si
consiglia di vedere in classe il film «Kràmpack», palesemente pro gay,
presentato in questo modo: «Nico e Dani sono due ragazzi sedicenni che si
apprestano a trascorrere le vacanze insieme. È l’estate della perdita della verginità. I due in passato avevano condiviso giochi di
masturbazione reciproca…». Il resto immaginatelo…
9. È esagerato parlare di una strategia gender su scala mondiale?
Nel 2011 all’Europride di Roma, definita la più grande manifestazione Lgbt della storia, erano presenti ambasciatori e rappresentanti diplomatici di vari Paesi. Per gli Usa addirittura Hillary Clinton. Commenta Giancarlo
Ricci nel suo libro Sessualità e
politica. Viaggio nell’arcipelago gender: “Una potente multinazionale non sarebbe stata in grado di organizzare un
evento di questa portata”.
10. Ma a chi interessa diffondere le ideologie dei cosiddetti “gender
studies”?
Gli interessi, soprattutto economici, sono vastissimi. Il pensiero gender è diffuso da gruppi Lgbt,
associazioni e agenzie educative, ong, fondazioni, istituti di ricerca. E anche agenzie
dell’Onu (UN entity for gender equality
and the empowerment of woman) e dell’Oms. Negli Usa è stato calcolato che il reddito medio della
comunità Lgbt è di circa 61.500 dollari, contro I 50.000 della media americana.
Complessivamente il giro d’affari dei
gay Usa vale mille miliardi.
(Fonte: NOI famiglia&vita [supplemento alla
rivista Avvenire, del 24 aprile 2016],
n. 206, p.15)
Nota: i commenti preceduti dalla scritta "ndr", così come le sottolineature in corsivo e grassetto sono stati aggiunti dal redattore di questo blog.
* L’originale inglese dice così: “Gender fluidity is the ability to freely and knowingly become one or
many of a limitless number of genders, for any length and time, at any rate of
change. Gender fluidity recognizes no borders of rules of gender” (K. Bornstein,
Gender Outlaw, Routledge, London/New York,
1994 p.52).