“Nella prima lettera alla comunità di
Corinto … [Paolo] per cinque volte ripete “mi
sono fatto” uno con l’altro […]
Ogni volta
ripete che agisce così per
“guadagnare” ognuno a Cristo, per
“salvare” ad ogni costo almeno qualcuno.
Non si illude, non ha
aspettative trionfaliste, sa bene che soltanto alcuni risponderanno al suo
amore, nondimeno egli ama tutti e si
mette al servizio di tutti secondo l’esempio del Signore […]
Non possiamo interpretare questo invito
evangelico come una richiesta a rinunciare alle proprie convinzioni, quasi
approvassimo in maniera acritica qualunque modo di agire dell’altro o non
avessimo una nostra proposta di vita o un nostro pensiero. […] Farsi uno non è
segno di debolezza, non è ricerca di una convivenza tranquilla e pacifica, ma
espressione di una persona libera che si pone a servizio; richiede coraggio e
determinazione. […]
Paolo giustifica il suo farsi tutto
con il desiderio di portare alla
salvezza.
È una via per entrare nell’altro,
per farvi emergere in pienezza il bene e la verità che già vi abitano,
per bruciare eventuali errori
e per deporvi il germe del Vangelo”.
“Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli;
mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno.
Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io”.
(Prima lettera ai Corinzi 9, 22-23)